Cresciuto in un a famiglia operaia della provincia di Genova, inizia a lavorare a 14 anni. A 20, nel 1943, è richiamato come soldato ed inquadrato nel 34° reggimento d’artiglieria: dopo un periodo di addestramento a Diano Marina, combatte con la IV Armata nel Sud della Francia occupato dai tedeschi. Fatto prigioniero, dopo l’armistizio riesce a fuggire e a rientrare fortunosamente a Bolzaneto a metà ottobre. Appartenente alle classi di leva richiamate alle armi dalla Repubblica sociale italiana nel novembre 1943, non si presenta al distretto, ma temporeggia come imboscato fino a quando nel marzo 1944 prende contatti con la Resistenza. Inizialmente collabora a stampare e diffondere materiali di propaganda del Fronte della Gioventù, l’organizzazione dei giovani comunisti; si muove con documenti falsi e, dall’autunno, armato di pistola. Nel dicembre 1944 l’organizzazione a cui è aggregato viene però scoperta: alcuni compagni sono arrestati, altri – come lui – ricercati. Rimane nascosto tre mesi fino ai primi giorni del febbraio 1945, quando è accolto tra le fila della brigata Balilla: una piccola e agguerrita formazione volante comandata da Angelo Scala “Battista”, dotata di una ricca rete di informatori e collaboratori, che opera quasi esclusivamente la notte con rapide azioni tra la periferia industriale genovese e la prima montagna limitrofa; e protagonista il 22 marzo 1944 dell’uccisione sulla strada che da Cravasco porta a Pietra Lavezzara di 9 SS di stanza a Campomorone, a cui segue la rappresaglia contro 17 detenuti politici delle carceri di Marassi condannati a morte e la successiva controrappresaglia partigiana ai danni di 39 prigionieri nazifascisti prelevati dal campo di prigionia di Rovegno. Bartoli combatte insieme ai compagni della Balilla fino alla fine del conflitto e con loro prende parte alla liberazione di Genova. Nel dopoguerra milita nel PCI fino ai primi anni Sessanta.